bim bum cha - uochi toki lyrics
[verse 1: campidilimoni tokinawa]
la scuola di chi rappa è vecchia
se sei nero c’è la zulu, se sei bianco c’è la guerra
se sei come me invece è un poco diversa
ogni nato negli ’80 rimembra
prima del sesso la noia e la droga
si andava a lezione, sì, ma non a scuola
o meglio, la scuola c’era, ma mica era vera
e così la sognavo di giorno e di sera
il risultato però non era buono
ero senza qualità come l’uomo
i buchi nella cute solo con le sbucciature
mi davano piacere a metà come si fa quando si va con le prost-tute sordomute. cercavo sangue e interiora nell’atmosfera
ma quello dell’ozono era il solo buco che si vedeva
e una stella della morte in cielo per me non c’era
[verse 2: napo]
lui rende amico ogni maestro dopo averlo superato, è concentrato solo su se stesso ma non perde d’occhio l’avversario. una mente fresca che resetta il concetto stesso di violenza, lui dimostra che lo scontro è la preparazione ad esso, per copiarlo io indossavo pesi per mezzo di uno zaino che portavo sempre appresso, ma non quando ero bambino, bensì nel p-ssato prossimo di adesso. nel pensiero mi fingo in camera da letto come nella stanza dello spirito del tempo dove io mi chiuderei coi nemici-amici e con gli dei
[verse 3: campidilimoni tokinawa]
io non gioco all’amore, c’è troppo rischio
il gioco del pallone è quello che preferisco
odio il calcio marcio degli adulti
non esistono part-te prive di insulti
amo il calcio made in j-pan dei ragazzini
bombe come osama, stadi impazziti
mi piace quel campo verde e vasto
c’era più disciplina lì che tra le quattro
non c’erano più, c’erano squadre
le tifavo tanto da farle odiare a mia madre
non ero contrario al resto ma non lo seguivo
ad esempio il volley non volli farmelo amico
era il calcio finto che mi attirava
il tiro della tigre, la super parata
la goleada immaginata mi dava adrenalina
quella del piano reale non riscuoteva la mia stima
[verse 4: napo]
un adolescente messo in mezzo a degli equivoci, circondato da ragazze che gli fan capire a botte che anche lui ha una parte femminile. non che necessariamente questa parte influenzi i gusti in fatto di partners e parti b-sse; la femminilità si trova in molte stanze oltre che in camera da letto, ad esempio nel dojo di famiglia, la stanza da combattimento, ed all’inizio solo lui era un mezzo, ma ben presto gli si fanno attorno i soggetti che nel tempo hanno subito il mutamento che da principio sono sempre ostili. ho sempre preferito la polifonia di personaggi che ti rendono completo, dove ognuno è una lezione che vanifica l’orgoglio, quindi tu definisci i confini del tuo ego
[verse 5: campidilimoni tokinawa]
la gente spesso parla di “nave scuola”
però usa la parola pensando al sesso
io da sempre ho un punto fisso al quale penso
ma la donna insegna in un senso che è diverso
prendi ad esempio una donna con cui convivi
non la sfiori con un dito, non hai istinti primitivi
eppure da lei dipendi, per lei i tuoi soldi spendi
se con lei ti stendi fai cilecca
la tua impotenza supera il giaciglio
la convivenza pesa come un macigno
ho dei cattivi maestri, lenti nell’approccio
non puoi dare a me la colpa se mi danno del frocio
è che so che non c’è vedova che vede meno opzioni
ma continua a sperare in un’inversione
sovvertirei l’amore se bast-sse divertirsi
ma per chi ha già perso tempo e tempo ad incanutirsi
[verse 6: napo]
non spiegare niente a due bambini che da soli si mantengono, che hanno visto più comportamenti di quelli che tu hai visto fino a diventare vecchio. uno è gioia, l’altro è tetro, uno vede cieco nel futuro, l’altro affronta le persone in un presente troppo duro. i potenti si avvicendano dentro la città-tesoro, ma finché quei gatti sono in combo e sono uno, puoi mandare chi ti pare contro l’essere che contiene bene e male in parte uguale. nei momenti in cui i miei lati son divisi uno anela alla violenza, l’altro cede alla speranza e da soli non combinano un granché, ed è solo se riunisco bene e male che io riesco a stare bene e non son cose che ti insegnano, sono fatti ispirati dall’intuito. bianco e nero abitano in auto ma comandano città piene di colore
[verse 7: campidilimoni tokinawa]
non ti parlo di santi che prego
a parte questo è vero, io credo
la devozione, si sa, è smisurata
specie se la tua forza è dovuta alla dorata emicrania
la mia non forza, non coinvolge le alte sfere
qui in italia il papa ha potere
vorrei tenere atene nel c-ssetto
e vorrei che tutti avessero un c-ssetto, lo ammetto
immagina come saremmo belli
se ad esempio il verde illumin-sse i capelli
se ci si am-sse tra fratelli in modo strano
e se si bram-sse il metallo forgiato da un vulcano
saremmo tutti persone migliori
moriremmo di certo con tutti gli onori
io penso sempre alle stelle ma non le guardo
sono loro che guardano me quando faccio le battle
[verse 8: napo]
non è solo da bambini che si impara dai cartoni, certe cose le capisci solo avendo dei dialoghi interiori. quando svieni sotto i colpi dei combattimenti ti flashbackki nel p-ssato od in altre dimensioni. riflessioni sulla vita di persone artificiali che rivolgono domande più sensate degli umani che sono normali e non si vedono da fuori, son confusi questi [?] che si scambiano nei ruoli tra creature e creatori e poi pretendono dei mondi perfetti dai contorni sempre netti per paura di conflitti di cui sono i responsabili. ed è qui che arriva il cyborg che non sa però che impara, che se sbaglia non sbadiglia e non si agita, che non è il tuo deus ex machina ma è la nuova scuola per l’umanità che fabbrica e che si fabbrica. il maggiore non mi ha mai insegnato l’etica, cosa è giusto e cosa no, il maggiore mi ha insegnato che i cartoni non sono adatti ad insegnarti, che i cartoni educativi sono pezzi di cultura vecchi e ripiegati ed uniti e pieni zeppi di eufemismi edulcoranti e che per andare avanti sono necessari requisiti che risultano talmente grandi che a risolverli non bastan due giorni e due modelli di dicotomia perfettamente funzionanti. io non ho la testa in altri mondi, non ho la testa fra le nuvole, non fuggo la realtà per preferire favole, piuttosto sono gli anime che mi filtrano all’interno, sono i cartoni che attraverso di me scendono dal loro mondo e metton piede sul terreno
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