la fine è vicina - u.g.o. lyrics
[pole]:
ultramacchina, giochiamo a fare la guerra
da dieci anni, riorganizziamo la resistenza
pochi umani, contro la superintelligenza
una coscienza, spuntata tra chip e cavi;
mentre la matrice sa chi e dove sei
qua, ti cerca per obbligarti all’upgrade
ma, sfuggi e poi rifuggi, ti riparano
ti salvano, dai fumi, dai funghi, dai fulmini
e dai nan0bot;
e quando non avremo un posto dove stare
il protocollo delle macchine sarà finale!
sotto strade lastricate
sotto sangue e gambe umane
sotto sotto noi a scavare e a intagliare clave;
lo scontro tra chi ha cuore e chi un software
tra chi muore di tosse e chi non sa cos’è
ma in fondo, cosa aspettarsi di diverso
chi è causa del suo mal pianga se stesso!
[seppiah]:
l’unico superst-te tornato dalla superficie
porta in se l’orrore più profondo di una cicatrice
il cielo grigio piombo impresso addosso è gia una lapide
“non andate più l-ssù!” strilla versando lacrime;
gli altri non ce l’hanno fatta, totale disfatta
siam caduti come mosche davanti ai mostri di latta
l’elettricità nell’aria rende i movimenti lenti
e i pochi segni di una qualche vita sono spenti;
ormai, non c’è spazio e se vogliamo vivere
dobbiamo rintanarci strisciando come le vipere
abbiamo ucciso il bellerofonte per queste chimere
ora quindi le speranze di un ritorno sono effimere;
chi verrà tra secoli non saprà cos’è il sole
e come cielo avrà lo stesso che tiene sotto le suole
pregando nuovi dei pagani per la riemersione
l’umanità discende lentamente verso l’estinzione;
[kyodo]:
siamo gli eredi di mondi sommersi
la quinta razza perisce
terremoti ed eruzioni narrate in profetici versi
viscide macchine rettili vogliono sangue, caldo
figli dell’odio furia della mente
umana gli automi già dominano e
degenero post-atomico infausto
la resistenza sotterranea è il nostro ultimo baluardo
programmate armate la nostra immagine per dominare
arrivate a domarci
armate d’archi, date le coordinate verranno a cercarci
ma qua troveranno l’inferno cercando di conquistarci
vogliono noi, vogliono sangue, vogliono l’anima degli eroi
vogliono noi, scavano strisciano fra carc-sse ed avvoltoi
loro son noi nate da noi, dentro di noi sono insaziabili
ombre meccaniche inconsce, figlie ignote dei nostri diavoli
è la folle corsa, in direzione del sole centrale
ora scorgiamo il punto nel cerchio della terra filosofale
per morire e rinascere nell’eterno fuoco profondo
sicchè i nostri corpi d’oro saranno immuni ai loro denti di piombo
[u.g.o.]:
gli strumenti a comando da tanto
nessuno sa più da quanto
il tempo non ha più senso, il sole è spento
nel nostro mondo sotterraneo
all’esterno utili idioti manipolati da burattinai in t-tanio
controllo mentale mediante porta seriale impiantata nel cranio
prima i pensieri liberi divennero effimeri, persino superflui
i fantasmi di ricordi mescolati ai flussi imposti dagli esseri eterni
i sogni divennero incubi
la speranza uno spettro scheletrico
poi il dilanio
il dominio incontrastato e il simulacro elettrico
ho visto tempeste elettriche rendere cenere vaste foreste
i corpi ricoperti di pustole infettate dalle blatte meccaniche
ora che le scorte son poche, le forze fioche, le menti meste
chi resisterà all’-ssalto dello scintillante esercito delle macchine?
“non avranno me, le mie forze, le mie storie
non avranno me, le mie memorie, meglio la morte
non avranno me, anche se voglion le mie spoglie
quando arriveranno di certo troveranno filo da torcere!”
[il tenente]:
rammento lo spavento per l’avvento dell’apocalisse robotica
lo sgomento al crollo delle sette colonne della termodinamica
elemento su elemento si espanse rapida la tavola periodica
e fu impossibile in pratica colmare il divario uomo-macchina
al posto della testa sensori capaci di captare stimoli
al posto delle gambe pompe e pulegge spingono i cingoli
la soluzione al problema dell’intelligenza inferiore
rivoli di sangue divennero prima torrenti poi fiumi impetuosi
il furente vecchio saggio smise di fingersi pazzo, disse:
“non mi genufletto al laido altare eretto al catodo
non mi metto a venerare la carica elettrica dell’atomo
il vostro dio trae energia da barre d’uranio in gabbie di cadmio!”
l’ira suicida del mite eremita lasciò la folla allibita
disprezzò gli attrezzi, pagò il caro prezzo con la vita
lo videro sprezzante andare verso le macchine con aria di sfida
al collo un cartello portava scritto “la fine è vicina!”
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