satyagraha - mattia uldanck lyrics
cammino in silenzio ed il portico è freddo.
p-sso su p-sso e alla fine son perso.
sono lunatico, salto acrobatico tra un mio pensiero e il risvolto all’inverso.
capisci che intendo adesso?
un colpo di tosse è diverso, ma custodisce all’interno lo stesso principio remoto del vento.
e’ il tempo che si fa ostacolo come se chronos ferm-sse eolo, ma nel dibatt-to tra gli dei è sempre il diavolo che p-ssa al secolo.
e’ l’uomo che vuole un discepolo, non si accontenta di avere un amico, no, perché i sovrani vogliono gli schiavi proprio come i deboli vogliono un idolo.
al mondo è il potere che genera che stolti, goya, è il sonno della ragione che genera mostri e dopo la memoria.
prendi e ricicli più cicli di storia ed impari questa lezione: l’uomo si affanna a cercare una cura e non pensa alla prevenzione.
l’odio riporta odio, riguardati i tempi andati, prima che come levi restino solo i sommersi e i salvati.
si affoga nell’ignoranza o nell’eccesso di presunzione, comunque rimane la rabbia il ritratto peggiore di questa generazione.
a volte sembra tutto vano e vorrei lasciar stare, poi ci penso e dico ”
io frate non lo so”.
a volte piace anche se la vita ti fa del male, sono recidivo, resisto ancora un po’.
a volte io mi sento in gabbia e poi vorrei scappare, sono un indeciso, io frate forse boh.
a volte piango, sono perso, poi mi fermo e scrivo, rinasco e vivo: fenice nel mio flow.
tra il bene e il male il confine è labile, in parte ognuno ne è responsabile.
troppe lacrime, troppo facile sentirsi immune senza previa indagine.
vendichi il torto del padre del figlio del padre del figlio del padre, amen, poi vai a ammazzare, senza nemmeno pensare che è un senso sadico; che non c’è odio che non sia atavico, carico della pretesa del giusto, ma poi alla fine si ammazza di gusto, maldoror.
talvolta avere ragione è sbagliato, un male, e mi ritrovo da ateo a capire il peccato originale.
mela dell’
eden, genesi, la saggezza vive negli eretici, ma c’è chi rimane a digiuno per non sparire nel fumo come giordano bruno.
ma la sorte degli ignavi che non hanno scelto è quella di inseguire uno stendardo in eterno per contrapp-sso: dante, terzo canto, capisci, questo è l’inferno e tocca a noi fermarlo.
mentre stai vivendo qualcun altro ha freddo e tu hai troppo caldo.
il mondo è sbilanciato spetta a noi riequilibrarlo: fallo!
a volte sembra tutto vano e vorrei lasciar stare, poi ci penso e dico ”
io frate non lo so”.
a volte piace anche se la vita ti fa del male, sono recidivo, resisto ancora un po’.
a volte io mi sento in gabbia e poi vorrei scappare, sono un indeciso, io frate forse boh.
a volte piango, sono perso, poi mi fermo e scrivo, rinasco e vivo: fenice nel mio flow.
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