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rapput - live at zeling - claudio bisio lyrics

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[intro]
bene… a questo punto volevo cantarvi, per finire questa bella seratina, una canzone che ho scritto tanti anni fa. eehhm, è una canzone dedicata a una ragazza che mi aveva fatto delle brutte robe, ma proprio brutte brù… cioè, non mi cagava! questa è una delle più brutte… eehh’nd… eh… brava lei anche… eehh… no, volevo però pregare tutte le signore, signorine presenti in sala, vedo che ce ne sono – a parte lui che… – eehhmmeehh… di non offendersi, perché è una canzone un po’ risentita; difatti l’ho risentita oggi, ho detto: cazzo, com’è risentita! eehh… bene, eehh… senza indugi canto questa canzone, il titolo non ve lo dico, perché se no, eehh, è finito tutto, vi dico il sottotitolo, che è “e quella volta una domenica d’ottobre”. sarebbe da cantare tutta d’un fiato eh, adesso non so se ci riuscirò ancora, proviamo!

[i verso]
e quella volta una domenica d’ottobre già l’autunno ci moriva addosso, io fumavo sigarette amare, tu come uno specchio rotto riflettevi quell’immagine sbiadita del ricordo del frammento di un brandello del profumo di quell’angolo d’estate, e mi dicesti “voglio vivere la vita come un alito di vento nell’aurora che inseguita dalla notte già racchiude le speranze di un domani tutto mio, che mi appartenga, e come donna accarezzare nuovi scampoli d’-ssenza”; io dicevo “sì, capisco, vuoi gli scampoli d’-ssenza” ma pensavo
-puttana-

[ii verso]
così pensasti, decidesti, mi annunciasti “quest’estate vado in grecia con giovanna, mi preparo a accarezzare nuovi scampoli d’-ssenza”; io ti dissi “scusa cara, cosa cazzo ti prepari per l’estate, siamo a ottobre, è quantomeno prematuro”. tu piangesti tutta notte, ed al mattino ti svegliasti, gli occhi pesti, ripiangesti, mi dicesti “siamo onesti, vuoi che resti, per tarpare le mie ali ed impedirmi di volare, e come donna accarezzare nuovi scampoli d’-ssenza?” io ti dissi “no, prudenza, non potrei vederti senza quei tuoi scampoli d’-ssenza; io rispetto le tue scelte.” questo dissi, ma pensavo dentro me che tu e giovanna in grecia ci andavate solo per sentirvi
-puttana-

[iii verso]
poi sei tornata dalla grecia, io fingevo che non mi importava niente, ti chiedevo le notizie più b-n-li, tipo “chissa quanta gente avrai trovato, che bordello di turisti”, tu negavi ed affermavi “no no no no no no no no, no no no no no no no no, eravamo solamente io e giovanna sopra a un’isola deserta, insomma, tipo, c’hai presente, due chilometri di spiaggia tutta vuota, dormivamo in un capanno in riva al mare ed ogni sera i pescatori ci portavano del pesce e facevamo le grigliate sulla spiaggia fino all’alba, cantavamo a squarciagola le canzoni di battisti, tanto l’isola è deserta” mi dicevi, e io pensavo -ma che cazzo, tutti quelli che ritornan dalla grecia sono stati sopra un’isola deserta, tipo, c’ho presente, due chilometri di spiaggia vuota, coll’ capanne e i pescatori-, ma contando tutti quelli che mi dicono ‘sta cosa io mi chiedo quante cazzo di isolacce deve averci questa merda di una grecia, poi ‘sti pescatori greci non potrebbero pescare in alto mare ed impiccarsi con le reti senza andare a importunare le ragazze come te che normalmente sono brave, ma travolte dagli eventi non disdegnano di fare la
-‘ttana-

[iv verso]
e adesso, e adesso tu mi chiedi come mai sono così pallido e patito, mentre tu sei tanto sana; la risposta è fra le righe di quest’aria che ti canto, che nel mentre che tu stavi sopra l’isola deserta strafogandoti di cozze -cozze…- con giovanna e i pescatori, io da solo chiuso in casa non potevo fare a mento di pensare a te lontana già da qualche settimana e comporti una canzana praticando una gimkana che mi ha fatto alfin capire che tu fosti, sarai sempre, e non è illusione vana

il mio amore, sì, il mio amore, nonostante qualche dissapore, come una libellula selvaggia, io sorvolerei, però dimmi cos’hai fatto con il greco sulla spiaggia. senza fiato, senza bronco, tu sei ritornata, ma ti stronco, se ti lascio in faccia i segni del saldatore, so che capirai, io non ti serberò rancore

pinne!

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