tornare a casa - carlo corallo lyrics
tornare a casa, dopo mesi, per le vacanze estive
fare due stime, usare internet solo per scrivere
a un amico “ceni fuori?”, che ora gli altri da sbandati
si sono trasformati nei loro genitori
e già ti muovi in locali, magari lontani
dai pendolari che sfoggiano accenti nuovi
posti semivuoti, di cui conosci gli orari
in cui puoi fingere di p-ssare giusto da quelle parti
tu sbocciavi dentro un liceo cl-ssico
tra i tavoli di cl-ssi divise in cl-ssi sociali
e io ho ancora quegli occhiali
quando ho chiari i confini di mani
sfiorite e fini che strofini sugli scontrini fiscali
hai gli zigomi scavati e i polsi magri
è la maglietta a dire che sei tu, dalla targhetta col nome
e non so se fare drammi, se preoccuparmi
la magrezza accomuna una top model e una tessitrice del sierra leone
chissà se continui a fare il bagno di notte
con l’amica di vita con cui condividi i vinili di coltrane
e dividi i c-cktail, quella che urla forte
poi delusa chiede scusa ed è come se nulla fosse
voi due sbronze, in mare, come lamantini
a fare lacrime dagli occhi come lavandini
perché gli uomini non cambiano come la martini
forse, sai, è per questo che li odiate come da bambini
ed aspiri a traguardi dopo lunghe corse, unghie morse
ma riguardati, la cura per la tosse
non p-ssa dalla bruma che raduna sulle coste
le onde necessarie per tatuarti la luna sulle costole
da bambina ti feriva ogni spina dei fichi d’india
si può dire lo stesso anche dei ricci di mare
ogni spira che riporta alla riva qualche bottiglia
trascina le meduse su pelli nude e salate
e forse crescere in sicilia
ti insegna già da prima che vivere fa un po’ male
ma quando torni a casa, abb-ssi la maniglia
e trovi la famiglia fai la valigia con cose che non sai raccontare
se potessi farei tante canzoni ma senza il ritornello
che non si cantano e si ascoltano in silenzio
mentre il fumo delle candele è nel vento
al freddo e al gelo al centro, dal cero al cielo argenteo, ah
e quanto li odiavamo i social network
che poi per me non sono altro che lo spazio bianco
tra la foto di un ragazzo appena laureato e un altro
egocentrico che pensa “lasciami un commento, fammi un complimento”
ad agosto i pensieri mi accerchiano, li sento
li cerco, se in un posto non ho con me
l’odore dell’inchiostro dentro al blocco note
che resta la mia mononoke in questo bosco di parole monotone
lo so che sembri l’agave muta, la carne cruda
l’amante nuda, la costa rossa, ma al chiaro di luna
la borsa di posta da lasciare di corsa
alla volta della porta di pablo neruda
mani di un sarto con lo spago in un sacco di juta
sei la veduta di un campo per cui gli occhi non fanno
il cambio-valuta, la cesura dei canoni
dimmi quando non lavori e se vuoi guardare un film
apriamoci, scontriamoci, facciamo il cid
o stiamo in silenzio che c’è poco tempo, infatti sono le 6
quando io e lei, la mattina al pamoky
fingiamo di esser ulay e marina abramović
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